IL PIU' AVVENTUROSO ED INCREDIBILE VIAGGIO DI NOZZE Leggendo si può
pensare che sia un racconto di fantasia. Non è cosi. E' la reale cronaca
del viaggio
di nozze di Vilma e William.
Viaggio di Nozze . . . Ma non troppo
10 Dicembre 1972 ore 7.30
Mi sento toccare una spalla apro gli occhi e vedo mia nonna con il caffè in
mano che mi dice: "Stellin (stellina)
bevi il caffè e alzati che tra un po’ arrivano le parrucchiere".
Bevo il caffè come ha detto, mi alzo e, in vestaglia arrivo in cucina dove
trovo mio padre seduto a tavola che beve il caffè.
Mi guarda e mi dice: "Che ci fai già in piedi? Non devi andare in chiesa
alle 11 ?" Notare: non devi!?!
Lui si era già tirato fuori. E' arrivata la prima fitta allo
stomaco.....ed il mio istinto mi avvertiva che avrei avuto altro con
cui combattere... Risposi: "Tra poco arrivano la Carla e la Franca,
(parrucchiera ed estetista)". Mio padre le conosceva
perché avevano il negozio nello stesso nostro palazzo. "E cosa vengono a
fare non ci sei andata ieri? Ci mancano due per casa stamattina, guarda non
mi far girare il B......o
che in chiesa ci vai da sola". Avevo già avuto la prima benedizione,
per non dargliela vinta buttai indietro le lacrime e dissi:
"Non vedi che ho dormito con i bigodini? Mi devono pettinare".
Menomale che c’era mia nonna che riusciva sempre a fare da cuscinetto,
arriva e lo distrae con la scusa di mio
fratello che lo voleva o cose simili.
Vado in bagno a lavarmi, nel frattempo arrivano Carla e Franca e vanno in
camera mia e iniziano a pettinare mia nonna.
Esco dal bagno e lo trovo lì davanti...e ricomincia: "Non sei ancora pronta
e quanto ci vuole? Io son già stufo,
se non ti sbrighi esco da solo…" Io: "Ma papà dobbiamo entrare in
chiesa alle 11.00 sono le 8.30 dove vuoi andare?"
Per cambiare discorso gli dico: Hai guardato Bruno (mio fratello) se si
è alzato, fallo lavare e controlla che si vesta ecc. E corro in camera
mia... sembra ritornata la pace... ma è solo apparente... Franca mi
trucca e Carla comincia a srotolarmi i bigodini: servivano i ricci che
dovevano uscire da una cuffia.
Un lavoraccio: in pratica mi ha pettinata con la cuffia in testa. Esco
dalla camera vestita, pronta.
Nel frattempo era arrivato il fotografo e dovevamo essere tutti pronti: io,
mio padre, mio fratello e mia nonna
per fare le foto in casa. Con il fotografo mio padre non ha fatto molte
scene, era un uomo e si sentiva in soggezione
a fare i capricci. Facciamo le foto con i regali, in camera mia, con
loro e molte altre,
intanto si avvicinava l’ora di uscire per andare in chiesa. Premetto che da
casa mia alla chiesa c’erano 5 minuti a piedi...
ma era inverno e si usava che sia lo sposo che la sposa arrivassero alla
chiesa con la macchina.
Poiché la mia casa era così vicina, io e mio marito avevamo deciso che
lui sarebbe arrivato in chiesa 10 minuti prima e mi avrebbe mandato la
macchina. Ma per far questo in sincronia avevamo bisogno di sentirci
per telefono.... Alle 10.30 telefono per gli ultimi accordi; mio padre mi
vede telefonare, altra tiritera:
"Anche stamattina gli devi telefonare, ma che cosa avrete mai da dirvi?
Tra mezzora vi vedete". Cerco di spiegarli della macchina, mamma mia
apriti cielo… la macchina!?!
"E io devo salire in macchina per fare 300 metri? ma sei mattaaa, io non ci
salgo in macchina, se vuoi andare in
macchina ci vai da sola". Ha continuato così per altri 10 minuti, avevo
lo stomaco contorto, i crampi e tanta, tanta
voglia di piangere. Ma se lui era tosto io lo ero più di lui e dargli
la soddisfazione di piangere mai !
Suona il telefono: era mio marito che mi avvisava che stava uscendo di casa
e che da lì a poco avrei avuto la macchina sotto casa. Dico a mio padre
che William è già uscito da casa e dobbiamo scendere anche noi.
Usciamo sul ballatoio, io sapevo che le scale erano addobbate, avevo
incaricato un fioraio di farlo: scale e chiesa.
Altra sinfonia sui fiori che sembrava il gran pavese e qualche altra brutta
battuta. Non l’ha tirata poi tanto sui fiori,
avevamo il fotografo che faceva foto mentre scendevamo, però non
smetteva di dirmi sottovoce: "Io vado a piedi,
non ci salgo in macchina, non mi faccio ridere dietro da tutti".
Arriviamo al portone, ultime foto e vedo la macchina ferma proprio lì
davanti con l’autista in piedi e la portiera aperta.
Indovinate che fa una volta davanti alla macchina? ( Lo avrei strozzato ) Si
infila dentro si siede e gli strappa la portiera dalle mani. L’autista
mi dice: "Signorina doveva salire lei da questa parte altrimenti siamo
storti per la chiesa". Gli dico: "Lasci perdere perché se scende non
sale più".
Mi accompagna dall’altra parte. Allora l'autista per farmi scendere dalla
parte giusta ha pensato di passare dietro la chiesa.
Le persone che mi aspettavano davanti alla chiesa, pensavano di vedermi
arrivare da una parte e invece
siamo arrivati dall’altra…Mio padre scende e mette un piede dentro una
pozzanghera ma non ha potuto fare i suoi soliti
capricci...c’erano già tutti i parenti schierati che ci guardavano, ha
solo bofonchiato qualche imprecazione...Facciamo le scale e finalmente
entro in chiesa...al braccio di mio padre.
Questa è la prima parte, da qui in poi è tregua con mio padre...ormai
rassegnato e non più così vicino a me. Ma da qui in avanti iniziano le
disavventure.
10 Dicembre ore 12.30 - usciamo dalla chiesa finalmente sposati.
Pioggia di riso da soffocarci; oltre a tutti i parenti c'erano tutti gli
amici e tutti i colleghi di lavoro.
Facciamo le fotografie di rito con i vari gruppi, e il fotografo ci
informa
che dobbiamo sbrigarci se vogliamo le foto al ristorante perché lui alle 15
ha un altro impegno e deve andare via
prima delle 14. Saliamo tutti nelle varie macchine, corteo sino al
ristorante che era abbastanza lontano dalla chiesa. Dopo circa 40 minuti
arriviamo al ristorante dove ci stavano aspettando con l’aperitivo servito
in veranda,
ma il fotografo "frigge", ci porta in sala da pranzo, fa le classiche foto
con il cesto dei confetti, chiede di tirare fuori
la torta, ci fa fare il taglio “finto” il brindisi con tutti i parenti
seduti ai tavoli tutti in ordine...Riguardandole ci si accorge
subito che le foto del ristorante sembrano tutte finte.
Finalmente si comincia a mangiare.
Loro hanno mangiato, a me non entrava neppure un sorso d’acqua.
La timidezza e i tabù all’epoca erano tanti, avevamo la nostra
piccolissima casetta tutta arredata e senza dire nulla a nessuno avevamo
deciso di passare la nostra prima notte nella nostra casetta e partire
il giorno dopo, più tranquilli e rilassati con la luce del giorno e non di
notte.
E voi pensate che ci siamo riusciti? Il pranzo stava volgendo al
termine, le persone cominciavano ad essere sazie ed irrequiete. Inizia il
via vai delle persone: chi ci chiede questo chi ci consiglia quello…c’è un
carosello vicino a noi. Mi si
avvicina mia zia e mi chiede le chiavi di casa mia!!!!! Spalanco gli
occhi e le chiedo come mai vuole le chiavi e lei tutta serafica (e penso
che avesse creduto di farmi un dono, un piacere, una bella cosa) mi dice:
"Io e le tue cugine quando non ci siete andiamo a farvi il letto." Che
potevo fare? Non di certo dirle le nostre intenzioni. Mi vergognavo,
ero sposata certo, ma nella mia testa era ancora una cosa che non si
faceva...e le detti le chiavi.
Quando lo dissi a mio marito a malincuore mi disse: "Ok si parte stasera,
non possiamo fidarci di andare a casa
e...se poi arrivano?" La sera prima avevamo portato le valigie, il
cambio abito per la partenza e la macchina tutto
al ristorante. Alle 17.00 pranzo finito, diciamo a tutti che andiamo a
cambiarci e poi saremmo partiti.
I nostri amici ci portano in macchina le valigie e noi arriviamo poco dopo
pronti per partire. Arriviamo alla macchina:
era completamente ricoperta di scritte, ci avevano attaccato di tutto e
dentro era piena di carta igienica.
Ci facciamo un po’ di spazio e fuggiamo via....Quando siamo stati
abbastanza lontani dal ristorante ci fermiamo e cominciamo a tirare
fuori tutta la carta igienica che ci è servita per ripulire le scritte. Ma
erano stati terribili, avevano usato i colori ad olio non
il classico rossetto. Abbiamo pulito ma il vetro davanti non riuscivamo
a pulirlo bene, mio marito mi dice che se non togliamo le scritte non ci
vede a guidare. Suggerisco di infilare un pezzo di carta igienica nel
serbatoio:
con la benzina forse riusciamo a pulire. Toglie il tappo, imbeve la carta e
pulisce il vetro...era stata un’ottima idea.
Vetro pulito e tutta la carta igienica nel bidone della spazzatura,
finalmente si riparte.
Entriamo in autostrada direzione Trentino. Avevamo prenotato l’albergo ma
dall’11 sera !!! Non riesco ad essere tranquilla
ma non riesco a capire perché; comunque parliamo, fumiamo qualche
sigaretta e ad un tratto comincio a sentire un
fortissimo odore di benzina. Lo dico a William che mi risponde di stare
tranquilla, l’abbiamo usata per pulire ed e per quello che si sente. Ma
sono testona e insisto: per farmi contenta si ferma e va a controllare se il
tappo
era chiuso bene. La nostra macchina di allora era una 850 cupè molto
simile allo spyderino, con il serbatoio
della benzina e soprattutto l’imboccatura situati proprio sopra al
motore e come sicurezza c'era una vaschetta che doveva evitare,
quando si faceva benzina che ne cadesse sul motore. William apre il
cofano posteriore e...lo sento imprecare, scendo e vedo questa vaschetta
piena di benzina e l’imboccatura del serbatoio senza tappo. C'eravamo
dimenticati di rimetterlo!!! Non so cosa ci abbia salvato dal far
prendere fuoco alla macchina o saltare in aria. Menomale che quando si è
fermato
eravamo in un area di sosta e abbiamo chiesto aiuto al benzinaio che ha
bonificato tutto e si é raccomandato di non far
più str….te del genere. Ed intanto erano già le 19.00.
Mio marito mi dice: "Andiamo a mangiare qualcosa". Ma io non ho fame e lui
poverino si rassegna e dice: "Ok continuiamo, arriviamo a
Piacenza cerchiamo un albergo e mangiamo lì qualcosa". Non facciamo
neppure 10 km che cala una nebbia che non si vede più ad un palmo dal
naso. Andatura ridottissima, il tempo passava, noi digiuni e con la nebbia
così fitta
non si vedevano i cartelli degli autogrill e non potevamo sperare neppure in
quello. Non so come finalmente vediamo il
cartello uscita per Piacenza, prendiamo l’uscita ed entriamo nella
cittadina.
Nebbia sempre più fitta, la situazione non era cambiata. Cominciammo a
girare per le strade cercando insegne o qualche
passante che ci indicasse un albergo: vedo una persona e lo faccio
accostare, tiro giù il finestrino e chiedo: "Ci saprebbe indicare un
albergo?" Lui ci guarda per capire se lo stavamo prendendo per il
culo...poi gentile ma guardingo
ci dice: "Ci siete sotto, io sono il portiere, questo è il Grand Hotel
di Piacenza, se volete prendere una stanza lasciate pure
qui la macchina, andate alla reception e dopo che vi hanno assegnato la
stanza lasciate le chiavi, pensiamo a tutto noi.
Il bagaglio lo avrete in camera in pochissimi minuti." E così fu. Entrammo
in questo super lussuoso Hotel.
Era la prima volta che mettevo piede in un albergo, con un uomo poi...la
vergogna mi assali, sentivo su di me tutti gli occhi,
che mi osservavano e giudicavano. Subito mi impietrii poi il gesto
istintivo è stato tirare fuori dalla borsa il libretto di matrimonio...
Aaah già, avevo il permesso, era tutto regolare...e piano piano i battiti
del cuore sono diminuiti...
A pochi passi dal banco della reception avevo già il braccio teso a porgere
il libretto...come ero ingenua per non dire peggio!
Salimmo con l’ascensore e un addetto ci accompagnò in camera, gli demmo
la chiave e ci disse che a breve avremmo avuto le valigie...
Camera bellissima grandissima tutta in beige e rosso con un letto che
sembrava a 4 piazze. Abituata alla mia piccola cameretta
con il letto ad una piazza, da quando era morta mia mamma non avevo più
dormito in un letto grande.
Ci togliemmo le giacche e le sistemai nell’armadio poi ci guardammo e ci
venne in mente che non avevamo cenato.
Guardai l’ora, erano le 22, pensai che era tardi. Nel frattempo arriva
il fattorino con le valigie, gli chiedemmo se il bar o il ristorante
erano aperti ma ci dice che era stagione morta e l’Hotel in quei mesi
non aveva in funzione la cucina e il bar chiudeva alle 21... Ci siamo
rassegnati e tranquillizzati; ormai al sicuro da quell’orribile nebbia che
ti opprime il cuore e ti soffoca...
Mi lavai e misi la camicia da notte lui lo fece dopo di me, e a breve ci
ritrovammo su quel grande lettone impacciatissimi.
Spegnemmo la luce eeeeeeeeeeeeeeeeee...
Non ero abituata ad avere vicino qualcuno, figurarsi trovarsi con un braccio
addosso pesante e caldo che non mi faceva muovere e mi stava
abbracciando!!! Mi infastidiva e non mi faceva dormire. Poi cominciai a
sentire caldo, molto caldo, lo spostai delicatamente
e mi alzai: andai in bagno per rinfrescarmi, il caldo non accennava a
diminuire, sembrava di essere all’inferno ... Accesi la luce
dell’ingresso alla stanza; avevo visto degli interruttori pensai di
andare ad abbassare il termostato. Con tutto quel trambusto
ero riuscita a svegliarlo ed anche lui capì che il caldo era tremendo.
Non so quanto armeggiammo con quel termostato ma nulla da fare, ormai
erano le 4 del mattino. Pensammo di farci un bagno e poi vestirci.
Alle 7 ce ne saremmo andati via da quell'inferno! Ed io proposi: "E se
aprissimo un po' la finestra? Fuori è freddo così riusciamo a
raffreddare un poco la camera". Aprimmo la finestra e fu un un sollievo ma
dovemmo chiuderla immediatamente assieme al fresco entrava anche la
nebbia, in pochi secondi avevamo riempito la stanza di nebbia.....
11 Dicembre mattina - stanchi, stressati, affamati,
A ripensare a tutto quello che ci era capitato mi sentivo delusa... Il caldo
non accennava a diminuire, vestiti e con le valigie pronte, anche se
erano solamente le 7 di mattina, aprimmo la porta di quella camera
infernale, ci dirigemmo verso gli ascensori e poi alla reception, pagammo
e chiedemmo la macchina. La nostra macchina era davanti all’Hotel, si
vedeva appena, appena...La nebbia era ancora molto fitta ma almeno la luce
del mattino la rendeva chiara e meno opprimente.
Salimmo in macchina, ci dirigemmo verso Brescia e sul lago di Garda. Con non
poca fatica e molti giri sempre sullo stesso percorso,
riuscimmo ad imboccare l’autostrada. Come per miracolo piano piano vedemmo
scemare quella nebbia così opprimente e
finalmente riuscimmo a distinguere la strada. Era talmente bello che non
ci potevo credere.
Un Autogrill finalmente! Forse saremmo riusciti a fare colazione.
Era l’11 Dicembre, era un nuovo giorno, e sarebbe stato il nostro primo
giorno da sposini e volevamo essere felici; ce lo meritavamo.
Arrivammo sul lago di Garda: ai miei occhi fu un’apparizione, uno spettacolo
favoloso. William prese tutta la sua attrezzatura
fotografica e cominciammo a scattare foto; si era premunito di un cavalletto
per appoggiarcela sopra e farci gli autoscatti, senza
saperlo ci facemmo i primi selfie. Facemmo molte foto immortalando noi,
il lago e soprattutto la nostra gioia.
Quasi in cima al lago a Riva del Garda facemmo le ultime foto con lo sfondo
del lago. Poi William disse: "Ho
messo un rullino da 36, la macchina segna 34 scatti e non va più
avanti...la apro e cambio il rullino". L’aprì e si accorse che il rullino
era messo male; non si era incastrata bene la pellicola nei dentini che
la dovevano far girare ad ogni scatto. Aveva continuato
a girare a vuoto, facendo le foto sempre sullo stesso tratto di
pellicola. Tutta la mattina ad immortalarci e non avevamo neppure una
foto con quel magnifico lago. Un po’ tristi per aver perso qualcosa di
insostituibile ci dirigemmo verso Rovereto. Dovevamo arrivare
sull’altipiano di Asiago dove avevamo prenotato l’albergo. William disse:
"Dobbiamo andare
a Rovereto e poi verso Schio." Arrivati a Rovereto, naturalmente sbagliammo
e invece che prendere per Schio prendemmo per la parte
opposta Folgaria, niente Googlemap e niente tomtom, avevamo la classica
cartina da turisti fai da te... Nel frattempo era arrivata
l’una e decidemmo di fermarci a mangiare. Data l’esperienza della sera
prima, abbiamo pensato: adesso mangiamo e poi si vedrà.
William provò e riprovò a rimettere il rullino, ma non si sa per quale
strano motivo i dentini della macchina fotografica non agganciavano la
pellicola. Finito di pranzare cercammo un fotografo e facemmo vedere sia la
macchina che i rullini che avevamo. Ci disse: "La vostra macchina
fotografica è una Kodak, una bella macchina ma ostica con le pellicole che
non sono Kodak; bastano pochi millimetri di differenza nei fori della
pellicola e non l’aggancia..." Comprammo altri rullini, questa volta Kodak,
lui stesso ne inserì uno e fece i primi scatti. Disse: "Sono scatti a
vuoto, possiamo aprirla e vedere se ha agganciato". Aveva agganciato e
forse, saremmo riusciti a fare qualche foto.
Contenti di aver risolto il problema, risaliamo in macchina e, guardando la
cartina decidiamo di proseguire per Folgaria
senza tornare indietro e prendere per Schio. Facemmo molti km in strade di
montagna strette e con molte curve. In inverno le
giornate sono corte, alle 17 era già quasi buio, ci venne voglia di qualcosa
di caldo o almeno un caffè.
Eravamo quasi al passo quando William si accorse che la strada era
sdrucciolevole e, preoccupato, disse che la strada era
una lastra di ghiaccio e dovevamo fermarci per mettere le catene. Con
cautela riusciamo ad arrivare al passo, ci fermammo e mettemmo
la macchina in posizione da poterci lavorare, vicino ad un lampione.
William però non si accorse che la strada era in pendenza, tirò fuori il
cric,
le catene e mentre faceva questo, la macchina cominciò a
muoversi...stava scivolando sul ghiaccio...Increduli provammo a fermarla,
nulla continuava a scivolare. Impotenti e stremati non sapevamo più cosa
fare, William si tolse il giaccone lo gettò a terra proprio
davanti alle ruote...La macchina ci andò sopra e si fermò. Il freddo era
atroce William senza giaccone rimpiangeva il caldo
infernale della notte precedente... Andammo nel Rifugio “Bar di
montagna” ordinammo qualcosa di caldo. Ci proposero un punch,
lo trovai buonissimo, super alcolici non ne avevo mai bevuti. Chiedemmo
aiuto per montare le catene, si offrirono in molti. (Altri tempi molto
più altruismo). Montarono le catene e ci accingemmo a scendere per arrivare
nella val d’Astico, poi risalire
per Asiago, dove ci stavano aspettando in albergo per l’ora di cena.
11 Dicembre, pomeriggio . . .
Nel pomeriggio prima di rimetterci in viaggio aprii una valigia per prendere
un altro giaccone a William, il suo era bagnato, sporco ed anche rotto.
Si erano fatte ormai le 18, strada ne avevamo ancora da fare abbastanza,
saremmo sicuramente arrivati tardi, con le
catene montate e la strada gelata non potevamo certo andare veloci anzi,
occorreva procedere con molta prudenza. Andammo giù per quella strada
interminabile tutta curve; ad ogni curva anche se avevamo le catene e si
andava pianissimo, la macchina slittava. La tensione era sempre più
alta; mi accesi una sigaretta e ne accesi una anche a lui. (All’epoca
avevamo questo brutto vizio) Per non avere il pensiero fisso sulla strada
gelata cominciai a chiedergli dell’albergo. A suggerirci il posto e
l’albergo era stato il cugino di William, Orlando, che ha due fisse: le
moto e lo sci. William mi disse: "Orlando ha detto che è comodo, vicino
alle piste, si mangia bene, casalingo, alla buona".
Quello "alla buona" mi fece drizzare subito le orecchie e chiesi: "Ma non è
che invece di un albergo è una pensione?" Mi rispose: "Sì certo è un
rifugio; in montagna ci sono quelli e poi così vicino alle piste non ci sono
alberghi".
Stavamo avendo le prime incomprensioni da sposati. Allora continuai: "Ma
questo vuol dire che una volta arrivati sull’altipiano
di Asiago non siamo arrivati…dobbiamo ancora salire per queste stradine
piene di neve..." Mi spiegò che non dovevamo
arrivare ad Asiago la località era Mezzaselva a Roana. Vuoi per la
discussione vuoi che intanto ci eravamo rilassati dalla tensione per la
strada gelata, eravamo arrivati in fondo a quella discesa tutta curve e
stavamo
entrando nel paesino Lastebasse. Ci fermammo e con la nostra cartina
controllammo quanta strada ancora avevamo da fare:
dovevamo arrivare a Pedescala e poi avremmo dovuto risalire per un bel
po’. Sulla cartina vidi quella righetta bianca che sembrava uno zig zag
interminabile. Stanca, un po' delusa ed avvilita per tutta quella strada
ancora da percorrere dissi: "Mi sa che salti il pasto anche stasera..."
Pensavo a lui, io non avevo per niente fame, avrei tanto voluto una
tazza di caffè latte con due biscotti preparata dalla mia nonna. E vai, vai,
sali, sali, sali, arriviamo a Mezzaselva...Era buio ma quello che ho
visto era solo una distesa bianca solo bianco e nient’altro che bianco.
Avevamo il nome della via ma questa volta non potevamo sbagliare, in tutta
quella distesa di bianco c'era una sola casa, non c’era alcun dubbio che
fosse il rifugio e ci arrivammo davanti....Ma molto sbigottiti notammo che
non c’era nessuna luce accesa, solo l’insegna e i lampioni esterni. La
porta per entrare era chiusa e un cartello diceva: "Chiusura Lunedì". Mi
sarei messa a piangere e cominciai ad inveire contro William e contro suo
cugino Orlando quel...............(non lo scrivo, immaginate le cose
peggiori che gli cucivo addosso) William si avvicinò alla porta e provò a
suonare. Venne subito qualcuno a sentire cosa volevamo. Spiegammo chi
eravamo, che avevamo prenotato e tutta la storia... Per prima cosa ci
fece entrare, non eravamo più fuori al freddo ed era già molto, poi ci
spiegò che avevano la nostra prenotazione
e che sapevano che saremmo arrivati lunedì sera, ci stavano
aspettando...mi stavo rincuorando, non saremmo morti di freddo in
macchina. Ma sentivo una nota stonata, aveva la voce troppo melensa; ad ogni
parola era come se prima di dirla volesse chiedere scusa, e da lì a poco
capii cosa c'era. Stava spiegando a William che la notte prima la
temperatura era scesa molti gradi sotto lo zero
- noi stavamo cuocendo in quella stanza infernale e lì stavano gelando – le
tubature del riscaldamento erano scoppiate, tutte le camere del rifugio
non avevano riscaldamento. Spiegò che dove eravamo non si percepiva,
c’era il camino la cucina e molte stufette.
Ma le camere era impossibile scaldarle; ci avevano preparato l’unica camera
che con una stufetta si sarebbe potuta scaldare, era la stanza
proprio sopra la cucina ma non veniva usata come camera per gli ospiti del
rifugio, era per il personale.
In quell’occasione avevano fatto spostare il personale per darla a noi;
disse inoltre che non aveva i servizi igienici e in camera c’era solo un
piccolo lavandino niente water...il bagno era fuori perché in comune con le
altre stanze, in quella circostanza
comunque sarebbe stato solo per noi...l’acqua calda non c’era, avrebbero
messo delle brocche con l’acqua riscaldata.
William prese le valige dalla macchina e un ragazzo le portò in camera.
Ci fecero accomodare in sala da pranzo ad un bel tavolo apparecchiato,
vicino al camino, era molto accogliente, romantico, c’eravamo solo noi.
Spiegò che non c’era nessuno perché il lunedì era giorno di chiusura,
inoltre erano riusciti ad avvisare di quello che era successo.
Avevano provato anche con noi ma Orlando aveva spiegato che non era più
possibile avvisarci - nel 72 non c’erano i cellulari -
Mi stavo godendo quel momento, avrei anche mangiato. I crampi allo
stomaco si erano assopiti. Alla stanza misera, fredda,
senza bagno, ci avrei pensato dopo.
11 Dicembre sera, la camera da letto.
Avevamo consumato la nostra prima cena ed era stato molto romantico, avevamo
avuto un assaggio di come avrebbe dovuto
essere un viaggio di nozze tra due persone molto innamorate; ero
finalmente felice. Volevo pensare solo a quello che avevamo
in quel momento, ma la cena era arrivata al termine e...ahi, ahi, ahi,
dovevamo andare in quella stanza...Salimmo le scale e già la
temperatura si era abbassata di molto; quando aprimmo la porta della stanza
sembrava di aver aperto la ghiacciaia.
Trovammo una stufetta a gas che William provò ad accendere, prima che ci
riuscisse avevamo riempito la stanza di gas.
Che fare? Non restava altro da fare che aprire la finestra! O morire
asfissiati oppure congelati: queste erano le opzioni.
Con la stufetta accesa a malincuore aprimmo la finestra per far uscire quel
puzzo di gas. Non si resisteva, sul davanzale della finestra
c’era un termometro segnava che segnava –6, cinque minuti bastarono per
portare la stanza a –6 e togliere il puzzo di gas. Ero ancora con il
giaccone sembravo una statua di ghiaccio; William mi chiede il pigiama,
mi incita a muovermi e a mettermi anche io il pigiama; il freddo non mi
faceva ragionare, gli urlai: "Ma sei matto ?
No non mi spoglio!" Con tutta la sua dolcezza mi si avvicinò e mi
abbracciò cominciando a strofinarmi la schiena, le braccia per
riscaldarmi e indurmi a muovermi. Mi disse: "Mettiti il pigiama ci infiliamo
sotto le coperte e vedrai che ci riscaldiamo..." Il letto era ben fornito
di coperte, siamo nel 72 i piumoni non esistevano c’erano le coperte
imbottite di lana
- una specie di materasso sottile e pesantissimo - ne avevano messe ben
due, più un altro paio normali, le alzai per entraci dentro,
quasi quasi dal peso, non ci riuscivo, velocemente mi infilai li sotto e
lui vicino a me, il peso delle coperte non ci faceva quasi muovere,
avevo sempre più freddo, i piedi le mani e la testa erano sempre più
freddi, con i denti che battevano mi alzai e andai a prendermi le cose
che avevo messo in valigia per quando sarei andata sulla neve....calzettoni,
guanti, berretto, mi infilai tutto più la vestaglia e tornai sotto a
quell’ammasso di coperte. Quando aprii gli occhi, dalla finestra filtrava la
luce del giorno, la mente era
un po’ frastornata, mi chiedevo come mai non riuscivo a muovermi ed avevo
questo senso di schiacciamento…cosa mi era
caduto addosso? Pochi secondi e ricordai tutto; mi sentivo stanca, la
schiena dolorante dal peso di tutte quelle coperte. Allungai un
braccio e lo svegliai dicendo: "Alzati facciamo le valigie e andiamo
via da questa ghiacciaia." Mi alzai e cominciai a prendere le mie
cose per andare a lavarmi, il bagno era stato riscaldato con la stufa ma non
era caldo da potersi spogliare e lavare, sicuramente di più non si
poteva avere. Trovai un paio di brocche con l’acqua riscaldata, mi lavai
solo quelle parti che non si può non lavarle,
preparai lo spazzolino con il dentifricio e aprii il rubinetto per
riempire il bicchiere per sciacquarmi la bocca. Bicchiere sotto ma niente
acqua…nel bicchiere cadde una goccia di ghiaccio. Vestiti scendemmo in
sala per la colazione dove trovammo di tutto e di più,
vennero a chiedere cosa volevamo di caldo e ci illustrarono il menù del
giorno. Non dissi nulla, io volevo andarmene.... William più in
soggezione di me non disse che volevamo andarcene!!! Disse solo: "Va bene ci
vediamo a pranzo". Finita la colazione tornammo in stanza, mettemmo le
giacche a vento, avevamo deciso di andare a vedere le piste, visitare Asiago
passando sul ponte
di Roana. Non ero molto contenta di rimanere al rifugio, ma abbastanza
rassegnata, decisi di godermi quella giornata sperando
andasse tutto bene. Passammo sul ponte di Roana bellissimo, anche Asiago
mi piacque molto. Tornando verso il rifugio ci fermammo
vicino alle piste dove gli impianti erano fermi e a sciare non c’era
nessuno. Venivano messi in funzione solo nel fine settimana.
Il pensiero fu: "Che cavolo, una che va nel verso giusto mai !" Mentre
facevamo ritorno dissi: "Voglio andare via da questo posto gelido!"
Al solo pensiero di dormire in quella stanza e sotto quella montagna di
coperte, mi tornò in mente mio padre. Nella sua
voglia di tenermi ancora a casa con lui, mi prospettava le brutture a
cui potevo andare incontro sposandomi e rimanere senza
la sua protezione. Sapevo benissimo quale era il suo scopo e le sue parole
mi passavano velocemente sopra senza lasciare alcun segno, ma in quei
due giorni era veramente successo di tutto: gli stavo quasi dando
ragione....
E mi venne da piangere. Singhiozzando, dissi a William: "Le piste sono
chiuse, non puoi sciare, quel poco che abbiamo visto non
era male ma c’è freddo e neve dappertutto. Non ne posso più…" Lui mi
disse: "Va bene, come rientriamo lo diciamo che andiamo via"
ed aggiunse: "Fai uno sforzo e dormiamo qui ancora questa notte, partire
nel pomeriggio non mi piace viene buio presto, essere per strada senza
nessuna meta non mi sembra la cosa migliore da fare…" Rientrammo, dicemmo
subito che eravamo desolati, ma la situazione era insostenibile, la
stanza non si era scaldata, non potevamo più restare. Con nostra grande
sorpresa ci dissero
che ci capivano ed era giusta la nostra decisione... Nel pomeriggio andammo
a fare un altro giro ad Asiago, dovevamo comperare il formaggio, i nostri
si erano raccomandati, volevano assaggiare il vero formaggio di Asiago.
13 Dicembre
La notte per fortuna passò e ripensandoci non mi sembravano ore quelle
passate sotto quella montagna di coperte ma giorni.
Mi alzai che erano le 7, andai a lavami, lo stretto indispensabile, pensando
che la sera avrei fatto una mega doccia.
William quando mi vide piangere pensò che doveva portarmi via da quel
deserto di neve, non solo cambiare albergo e mi propose Venezia.
Preparai le valigie, ci vestimmo, alle 8 eravamo a far colazione, alle 9
già messa in moto la macchina, e pensai: "Venezia sto arrivando non farmi
brutti scherzi, ho già fatto il pieno."
13 Dicembre, la via per Venezia.
William aveva guardato la cartina per decidere la strada per arrivare a
Venezia e aveva scelto di passare da Bassano del Grappa,
dicendo che così avremmo fatto contento suo padre prendendo un paio di
bottiglie di grappa, essendo lui un cultore di grappe.
Contenta di andarmene da quella ghiacciaia, dissi che ero d’accordo e
sicuramente in città non avremmo trovato neve. Ripassammo
sul ponte di Roana, entrammo in Asiago e prendemmo il bivio per
Bassano, il dislivello era notevole, ci aspettava una lunga discesa
tutta a curve, sulla cartina c’era una bella riga bianca a zig zig, - in
effetti se sali e scendi dalle montagne non ti puoi aspettare nulla di
diverso - Riguardando la cartina e facendo due conti notammo che i
chilometri non era tanti, William propose di allungare di 6/7 km per
passare da Marostica, voleva vedere il castello e la famosa piazza dove
viene disputata la partita a
scacchi con personaggi viventi. Ero contenta, finalmente sembrava
cominciasse ad andare tutto per il verso giusto, riuscivo a vedere
questa bella cittadina dove non ero mai stata, non avrei più dovuto
dormire sotto una montagna di coperte e lavarmi battendo i denti...
Arrivammo a Marostica verso le 10.30, posteggiammo poco lontano dalla famosa
piazza, ci avventurammo per la cittadina facendo qualche foto, la
giornata era stupenda anche il sole era abbastanza caldo, stavo veramente
bene. Era quasi mezzogiorno, avevamo girato tutto il centro storico di
Marostica e decidemmo di ripartire per Bassano. Tornammo alla macchina e ci
rimettemmo in marcia ma appena
fuori da Marostica, William si accorse che la macchina aveva qualcosa, ma
non disse nulla. Poco dopo però, anch'io mi accorsi che qualcosa non
andava. Chiesi e, abbastanza preoccupato, William mi disse che la macchina
aveva qualcosa ai freni, ma gli sembrava sembra strano perché
l’aveva fatta controllare tutta da Orlando che era, (grrrr… sempre lui
che ci perseguitava) a detta di William, un bravissimo meccanico.
Infatti lo faceva di lavoro ed aveva cambiato anche le pastiglie dei
freni, impossibile si fossero consumate così presto. Arrivati a
Bassano avremmo cercato subito un meccanico per capire cosa poteva essere.
Ero ripiombata nel limbo, i bei momenti appena passati erano già
svaniti, erano stati sostituiti dalla preoccupazione… saremmo riusciti ad
arrivare sani e salvi a Bassano? Saremmo riusciti a trovare un
meccanico? Erano veramente i freni o qualcosa di più grave? Lontani da tutti
la macchina era il solo nostro punto saldo e ci stava abbandonando! Come
avremmo fatto a tornare a casa? M stavo facendo prendere dal panico.
Arrivammo a Bassano, William disse: "Adesso posteggiamo, sono le 12.30 e le
officine sono chiuse. Cerchiamo un ristorante mangiamo e chiediamo se
sanno indicarci un meccanico". Così facemmo anche se il mio stomaco era
chiuso. Chiedemmo al cameriere che venne a prendere le ordinazioni se
sapeva indicarci un meccanico perché la nostra macchina
forse aveva un problema ai freni. Gentilmente ci disse che non molto
lontano dal ristorante c’era l’officina di un bravo meccanico
che apriva alle 14 e ci spiegò bene dove era. Mangiammo e poco prima delle
14 eravamo davanti all’officina. Quando arrivò il meccanico,
William gli spiegò la situazione, ci fece portare la macchina dentro
all’officina e la controllò subito. Il responso fu che le pastiglie dei
freni si erano consumate, il rumore che si sentiva quando toccava il
pedale del freno era perchè le ganasce sfregavano sul tamburo: per me
tutta questa spiegazione fu come se parlasse in latino, comunque mi si
stamparono
nitide in testa. Mentre maledicevo Orlando, William disse che la
settimana prima le aveva fatte sostituire. Come era possibile un
deterioramento così veloce? Il meccanico affermò che può succedere: a
volte le pastiglie hanno dei difetti e si sgretolano oppure
avevano sbagliato e messo pastiglie morbide che per la città vanno bene, ma
non su strade di montagna. Ero sempre più convinta che era tutta colpa
di Orlando. Continuò con il dire che aveva molto lavoro ma,
forse mosso a compassione per due sposini imbranati, avrebbe fatto il
lavoro; di lasciare la macchina e tornare per le 17.
Molto più sollevati andammo a visitare Bassano, attraversando il ponte
degli Alpini sul Piave, dove in fondo trovammo la distilleria
Nardini, appunto per la grappa che mio suocero ci aveva chiesto. Per le
17 tornammo dal meccanico e con nostro enorme sollievo la macchina era
pronta. Presa la macchina, dopo averla provata e constatato che era tutto a
posto, era da decidere cosa fare!!!
Avventurarci e proseguire per Venezia, anche se ormai era già buio, oppure
cercare un albergo a Bassano per la notte e cenare,
per poi ripartire il giorno dopo? Optammo per la seconda idea e
cercammo un albergo. Un bell'albergo, nulla di sfarzoso ma mi fece
una buona impressione, ci diedero la camera, ci portarono su i bagagli.
Appena in stanza controllai come era la temperatura eeeee, da non
credere, era perfetta!!! Come avevo pensato partendo da Mezzaselva...mi
sarei fatta una mega doccia,
e meraviglia delle meraviglie era tutto perfetto, troppo perfetto, mi
attraversò un brivido lungo la schiena ma fu solo un attimo.
Ci rivestimmo e uscimmo per andare a cena. Trovammo un ristorante, fu una
bella e buona cena, dopo aver cenato ci gustammo
la passeggiata dal ristorante all’albergo, arrivati salimmo in stanza e
andammo a letto. La mattina mi svegliai bene riposata e tranquilla,
Rifeci i bagagli per l’ennesima volta, forse questo era il giorno buono per
arrivare a Venezia.
14 Dicembre, Venezia
Scendemmo con i bagagli, facemmo colazione e partimmo per Venezia, Il tempo
era magnifico , facemmo un ottimo percorso, in un'ora e mezza eravamo a
Venezia. Trovammo i cartelli che ci indicavano dove andare a
posteggiare, ed essendo pieno inverno ed anche molto vicino alle feste
Natalizie, i posteggi erano tutti vuoti, trovammo posto proprio nel
silos in piazzale Roma. Posteggiammo, prendemmo le valigie, uscimmo dal
silos.
Attraversammo il primo ponte ed al di là trovammo un albergo. Entrammo e
chiedemmo una stanza. Ci diedero la stanza, maaa ci fu una
puntualizzazione: l'albergo funzionava solo per dormire, essendo fuori
stagione la cucina era chiusa, e il personale ridotto. Dissero che
subito accanto all’albergo c’era un ristorante e che potevamo
andare lì a mangiare. Prendemmo la stanza, lasciammo i bagagli, decidemmo di
andare a vedere
Venezia ed i canali attorno all’albergo, poi nel pomeriggio avremmo
preso il vaporetto per andare in Piazza San Marco. Per le 12.30 tornammo
per andare a mangiare al ristorante vicino all'albergo e tutto sommato
mangiammo bene, cose semplici ma ben fatte. Come avevamo programmato
prendemmo il vaporetto che ci portò in Piazza San Marco. Mi piacque
tutto, per me che non ero mai stata fuori Genova era tutto da scoprire e
ammirare.
Camminammo tutto il pomeriggio facendo foto a tutto, visitando Calle
attraversando
non so quanti canali, ponti, passando anche sotto il ponte dei Sospiri.
Si era fatto buio, dalla bellissima giornata che era stata,
la temperatura si stava abbassando, mi sembrava che scendesse anche un
po’ di nebbia, senza pensare eravamo andati senza i giacconi, William
con il vestito: camicia, gilet, pantaloni e giacca ed io con il tailleur
pantalone. Ci mettemmo su una pensilina per aspettare il vaporetto che
ci riportasse in piazzale Roma dove c’era l’albergo, pensai da ingenua
imbranata quale ero: A Genova ci sono gli autobus a Venezia i
vaporetti. Ero stupita e meravigliata. William lesse il cartello della
pensilina dove si diceva che i vaporetti che facevano fermata lì
arrivavano sino a piazzale Roma, salimmo sul primo che arrivò, non
sapendo che era un vaporetto di linea ma anche con i posti assegnati. Noi
avevamo i biglietti senza assegnazione posto, - non lo sapevamo – questo
ha significato che ad ogni fermata che il vaporetto faceva noi venivamo
spinti in avanti sino ad
uscire sulla prua, all’aperto e la temperatura si era abbassata di
molto. Noi fuori con il vento che faceva il vaporetto navigando e
senza giacconi avevamo più freddo che in stanza a Mezzaselva. Quasi
congelati arrivammo in piazzale Roma, scendemmo non certo di corsa,
infatti facevamo fatica a muoverci, mancava davvero poco all’assideramento.
Salimmo in stanza, riempii la vasca di acqua calda e ci infilammo entrambi
nella vasca. L’acqua calda era fantastica nessuno
dei due aveva voglia di uscire da quel bel tepore. Erano ormai le 20.30
dovevamo andare a mangiare qualcosa. Ci vestimmo e quando uscimmo
dall’albergo erano ormai le 21 e con nostra grande delusione scoprimmo che
il ristorante era chiuso. La mattina girando le Calle dietro all’albergo
avevamo visto altri ristoranti e bar, persino un cinema, pensammo che anche
se era abbastanza tardi qualcosa di aperto lo avremmo trovato. Nulla di
aperto, tutto chiuso...abbiamo girato e rigirato, nulla! L’unica cosa
aperta, era il cinema d’essai. Rassegnati abbiamo deciso di andare a vedere
il film, davano “Angeli con la pistola” Ci comprammo una decina di
stecche di caramelle Charms e liquirizie gommose, ai tempi solo quello
avevano nei cinema. Ci accontentammo di mangiare quelle. Il film anche se
vecchio di una decina d’anni non lo
avevamo visto e ci piacque: era una commedia romantica abbastanza
favolosa, trovai che aveva qualche affinità con noi.
15 Dicembre, secondo giorno a Venezia
Anche se avevamo saltato la cena, avevo fatto una bella dormita mi ero
svegliata bene ed ero allegra, pensai che saltare la cena
era ben minima cosa dopo tutto quello che ci era successo, era stata
colpa nostra se avevamo fatto tardi, stasera ci saremmo
preparati prima e tutto sarebbe stato perfetto. Scendemmo a fare
colazione, il nostro programma per la giornata era il seguente: la
mattina andare sul Canal Grande in gondola e nel pomeriggio visitare Murano.
Ci eravamo equipaggiati con giacconi, guanti, cappelli e sciarpe. Il
giro in gondola fu molto romantico, lo facemmo abbracciati. Questo che
ancora è un ricordo indelebile aveva
ristabilito l’equilibrio. Ritornammo in albergo per le 11 e scendemmo poco
dopo per andare a pranzo, seduti al tavolo quando venne
il cameriere con il menu gli chiedemmo a che ora chiudevano la sera,
non volevamo fare tardi come la sera prima che alle 21 era già chiuso.
Ci rispose che essendo fuori stagione la sera quelle Calli erano deserte e
tutti i negozi, compreso ristoranti e bar chiudevano. Chiedemmo dove
avremmo potuto andare per cena, in quale posto avremmo potuto trovare
qualche ristorante aperto ... Ci rispose che era molto difficile
trovare qualcosa di aperto vicino all’albergo, dovevamo andare in centro
verso piazza San Marco, ci voleva il vaporetto
maaaaaa era un problema, la sera non facevano servizio... Mangiammo il
nostro pranzo e ormai veramente stanchi e per tutte le avversità avute
decidemmo di fare ritorno a casa l'indomani mattina. Nel pomeriggio andammo
a visitare Murano come stabilito. In un bar ci comprammo un paio di
panini che avremmo consumato per cena in camera. La visita a Murano
meritava, vedere tutti quei capolavori in vetro e vederlo lavorare è
stata una bellissima esperienza. La sera tornati in albergo dicemmo subito
all’albergatore che saremmo partiti la mattina seguente. Fare il bagno
assieme la sera prima ci era piaciuto molto e con nostro immenso piacere
lo rifacemmo. Poi tirammo fuori dalla borsa i panini e consumammo la nostra
lauta cena.
16 Dicembre, ritorno a Genova
Svegli e pronti per fare rientro a casa, ero contenta !!! Finalmente
ritornavo a casa. Da sempre sono stata una programmatrice e da sempre i
miei programmi hanno avuto degli arresti, dei mai conclusi, dei mai andati a
buon fine. Come mio programma per l’assenza di entrambi dal lavoro tra
licenza matrimoniale, ferie e qualche
permesso avremmo dovuto rientrare al lavoro l'8 gennaio 1973, tanto sarebbe
dovuto durare il viaggio di nozze. Invece dopo nemmeno 6 giorni
facevamo ritorno.
Avrei dovuto imparare dopo tutte le facciate che ho preso, ma ancora adesso
continuo a programmare e continuo a non riuscire a portare a termine i
programmi. L’esperienza "viaggio di nozze" era comunque da chiudere in un
cassetto e mai più aprirlo.
Caricammo i bagagli in macchina, gli sci li rimettemmo sul tetto nel
porta sci... eeeeh già, avevamo gli sci !!! L'idea era che William
sciasse ed io con il maestro avrei dovuto imparare.
Partenza per Genova. Con la cartina aperta abbiamo fatto una stima della
percorrenza: 430 km. Saremmo dovuti arrivare nel primo
pomeriggio, avevamo stimato come tempo 6/7 ore comode compresa anche la
sosta per il pranzo. La giornata era stupenda con cielo
limpido e sole, ed io dissi: "Menomale che la giornata è bella non
dovremmo avere nessun intoppo, arriviamo a casa ancora con la luce del
giorno". William fece una specie di grugnito e non rispose alla mia
affermazione…intanto avevamo imboccato l’autostrada, e percorso circa
una decina di km...non potevo crederci più avanzavamo più la giornata
sembrava ingrigirsi
e in poco tempo eravamo avvolti dalla nebbia, feci un salto sul sedile e
gridai: "Non è possibile siamo di nuovo nella nebbia!!!"
William si fece uscire la voce e rispose: "Da quando siamo partiti, vista
la bella giornata ho immaginato che appena fuori Venezia ed entrati
nella pianura padana avremmo trovato nebbia, non ti avevo detto nulla,
sperando di sbagliarmi". La visibilità era quasi nulla procedevamo a
passo d’uomo, sempre dietro ai fanali di qualche camion che ci facevano da
guida, con così poca visibilità non riuscivamo a leggere nessun
cartello, né per sapere se eravamo sempre nella giusta direzione o per
scorgere un area di sosta per mangiare ed altro. Erano ormai quasi 5 ore che
William stava guidando, con quella tensione per la scarsa visibilità gli
occhi gli facevano male per lo sforzo. Volevo dargli il cambio a guidare ma
avevamo paura a fermarci!!! Fermi al bordo della strada se passava
qualche camion e non ci vedeva, poteva prenderci in pieno e così si fece
forza e continuò. Eravamo anche senza mangiare e soprattutto avevamo
bisogno entrambi di andare in bagno. Arrivata al culmine della sopportazione
gli dissi: "Devo fare la pipi se non riesci a fermarti la faccio in macchina
!" Mi rispose che anche lui era al limite e che appena riusciva a
scorgere un qualcosa di abbastanza largo da potersi fermare lo avrebbe
fatto. Dopo poco mi disse: "Guarda qui, mi sembra ci sia la corsia
di emergenza che è più profonda, provo a fermarmi e accosto bene per
essere fuori dalla carreggiata di marcia". Si fermò e scesi al volo.
Mi accovacciai a lato della macchina, non c’era nessun pericolo di
essere vista, a momenti non riuscivo a vedermi i piedi,
feci la pipì più lunga della storia. Quando ebbi finito e mi spostai per
tirarmi su i pantaloni, se non ci fosse stato William a prendermi per
un braccio sarei caduta... non ci eravamo accorti che ci eravamo fermati a
mezzo metro da una scarpata. La nebbia non ci permetteva
di distinguere bene, devo ringraziare il sesto senso di William. Un
altro spettacolo incredibile fu guardare la macchina:
l’umidità e la temperatura bassa avevano formato uno strato di ghiaccio
su tutta la superficie, gli sci e l’antenna dell’autoradio ne
avevano uno spessore di 10 cm. Mai più vista una cosa simile in tutta la
vita.
Risalimmo in macchina e riprendemmo il viaggio, erano ormai quasi 12 ore che
stavamo guidando, stanchi, stressati, assetati e affamati.
Quasi senza accorgermene cominciai a scorgere delle luci più nitide, poi
riuscii a leggere un cartello ed esclamai :
Serravalleeeeeeeeeeeeee William!!! Siamo quasi a casa, l’incubo è
finito!
Nel giro di pochi minuti niente più nebbia. Il cuore smise di farmi male,
gli dissi di uscire a Busalla per andare a mangiare la pizza in quella
pizzeria che le fa buonissima....
Erano circa le 23 del 16 Dicembre 1972 e stavamo infilando la chiave nella
toppa di casa, la nostra casa piccola ma nostra.
Con i termosifoni accesi il calore era perfetto, il nostro bel lettone,
fatto da zia con lenzuola immacolate e una sola coperta!
Posammo le valigie in ingresso, chiudemmo la porta e senza neppure
andarci a lavare ci fiondammo a letto.
Avevamo solo bisogno di stenderci e di abbracciarci....
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